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lorellasavazzi

Aggiornamento: 2 gen



Quando una cosa dev'essere, le coincidenze ti fanno capire che è il momento di cogliere l'occasione e che devi assecondare l'onda .....ebbene questa cosa va fatta!

Luglio 2018, io, mio marito e mio figlio maggiore sono 7 anni che non facciamo un giorno di ferie a causa di una attività agrituristica iniziata e che nel vortice evolutivo non ci ha lasciato spazio ad altro; il figlio minore invece si trova in California per un dottorato di ricerca che finirà ad ottobre e mi dice: perchè non venite ad agosto a trovarmi intanto che sono ancora qui? ed io rispondo che sarà un pò difficile ma se troviamo un biglietto aereo ad un prezzo buono ( è molto difficile per agosto trovare prezzi buoni all'ultimo) e nel periodo in cui non abbiamo ancora prenotazioni nell'agriturismo, vediamo se si può fare.

La sera stessa finito di servire al ristorante mi metto a cercare i biglietti su internet e il caso vuole che ci siano dei biglietti per San Francisco a 450 euro e proprio nei 12 giorni che avremmo a disposizione liberi, chiedo così a mio figlio maggiore se viene anche lui, faccio due conti, mi dico ma quando ti capita ancora, quindi non esito oltre e prenoto subito.

Incredibile dopo tanti anni facciamo di nuovo un viaggio tutti e quattro insieme come quando i ragazzi erano piccoli, una occasione famigliare rara ora che abbiamo vite da adulti,

da non lasciarsi scappare e che mi carica subito di entusiasmo, tanto che nei giorni successivi dopo il ristorante serale studio fino alle due di notte il percorso da fare ed i posti da poter visitare.

Il giro dei parchi di California, Nevada, Utah ed Arizona è una cosa spettacolare, uno dei tour principe e che se uno appena può deve assolutamente fare almeno una volta,

ed è stato un crescendo di meraviglia e bellezze naturali, oltre che di complicità e divertimento famigliare, con livelli che si toccano in rari momenti della vita.

Arrivati negli Usa partiamo quindi da Livermore al mattino all'alba, il padrone di casa che ospita mio figlio ci carica in macchina da perfetti americani l'ice-chest (un contenitore enorme termico pieno di ghiaccio per le bibite) che si rivelerà fantastico per il caldo dei deserti e scopriamo che nei distributori di benzina o negli hotel e supermercati, insomma ovunque negli Usa si vende il ghiaccio per il ricambio. Ci dirigiamo come prima tappa allo Yosemite Park e non possiamo non soffermarci davanti al Capitano, una montagna così chiamata, storica e molto significativa per gli scalatori di tutto il mondo, di cui mio marito ha visto tanti documentari, e guardando la foto che ritrae noi quattro e che ho ancora sullo sfondo del mio computer, si vede già nei nostri visi la gioia di aver intrapreso questo viaggio famigliare.

Subito dopo ci dirigiamo verso sud-est, attraversando la caldissima Death Valley che comincia a farci rendere conto della vastità dei territori e paesaggi americani, che sono inusuali per noi italiani abituati ad avere invece in poco territorio un concentrato di tutto, ed arriviamo in serata a Las Vegas dove ci aspetta l'albergo ma non solo.

Questa città doveva essere infatti una tappa di transito ed invece grazie ad un'amica che mi ha dato l'idea poco prima di partire, si è rivelata una tappa significativa ed intensa di emozioni.

Sì perchè al mattino ci è venuta a prendere verso le 11 una limousine bianca, siamo saliti e mio marito non sapendo nulla di quanto organizzato mi ha chiesto dove stessimo andando ed io: "A fare un giro turistico nella città vecchia e con la limousine per fare un'americanata." Arriviamo quindi ad una chiesetta che l'autista ci mostra e dove ci indica di entrare, giunti all'interno vediamo fotografie appese di personaggi famosi sposatisi lì e mio marito credendo di fare una visita turistica, rimane stupito quando la segretaria pronuncia i nostri nomi e ci dice Elvis sarà da voi tra 5 minuti.

Sì, abbiamo celebrato la ricorrenza di 35 anni del nostro matrimonio, con i nostri figli come testimoni, con il reverendo che cantava canzoni di Elvis Presley e con mio marito che non sapeva avessi organizzato tutto questo. Ebbene se mi credete, abbiamo pianto dalla commozione, riso come i matti e cantato Viva Las Vegas fino a sera, insomma una grande e memorabile giornata per festeggiare la nostra famiglia!

Comunque, sappiate che tutto quello che avete visto in telefilm o film ambientato in Usa, anche se può sembrare finzione scenica invece no, la realtà è così e a volte li supera, e pertanto quando attraversi le sue pianure sconfinate, i suoi villaggi o le città, hai continuamente l'impressione di essere dentro un film.



Dopo questo festeggiamento in pure stile Las Vegas, iniziamo il viaggio attraverso i parchi, ogni giorno uno sempre più bello ed emozionante del precedente, percorrendo tanti kilometri su queste strade lunghissime a perdita d'occhio e che attraversano questi paesaggi infiniti, con una vastità tale che ti riempie e avvolge l'anima, ed hai gli occhi che non si stancano mai di cogliere le sfumature dei colori delle rocce che durante la giornata cambiano continuamente colore con il sole, sotto quei cieli con le nuvole da cartolina.

Iniziamo partendo da Las Vegas con Zion Park.



A Bryce invece siamo arrivati al mattino presto e quando dopo aver parcheggiato ci è apparso il sentiero che scendeva dentro i canyon, è venuto spontaneo dire in coro "Wow, ma che posto incredibile è! " Bellissimo, abbiamo fatto un percorso di circa tre ore, continuando a gustare tanta bellezza ad ogni passo.



Arches, con l'arco simbolo dello Utah, questo parco ha un fascino tutto particolare ed è molto bello paesaggisticamente anche solo attraversarlo in auto.







Grand view point overlook e Mesa Arch, fanno parte insieme ai point view delle foto sotto, del Canyonlands park, spettacolare e talmente bello che in ogni fermata stavamo a guardare a lungo ed in silenzio il paesaggio. Questa vastità incredibile ti avvolge e ti prende con questo territorio stratificato bellissimo, la meraviglia attraversa gli occhi e si insinua depositandosi nelle pieghe della mente, per poi ricattarti quando vuoi andartene, non riuscendo più a fare a meno dello sguardo di tanta bellezza.







Green river overlook e Dead horse point, mi sono innamorata di questo posto quando ho visto la scena finale del film Thelma e Louise, ho cercato dove fosse la location in cui era stato girato e quando sono arrivata mi sono commossa da tanta bellezza.





Monument valley. Quando cresci guardando film western, la Monument Valley rappresenta nell'immaginario tutto quel mondo di sogni da bambina, ed Ennio Morricone ha fatto la colonna sonora di questo immaginario rendendolo ancora più poetico.

Quindi dovevo entrarci così, come si vede e sente dal video, e confesso che io e mio marito ad un certo punto ci siamo guardati ed avevamo entrambi i lacrimoni che scendevano.






La meraviglia di Antelope Canyon con i due canyon che il tempo e l'acqua piovana hanno scavato e modellato, distanti circa 7 kilometri uno dall'altro e sono gli itinerari lower e upper. Queste fenditure sono state scoperte cento anni fa ma erano già conosciuta dagli antichi Navajo per i quali erano un luogo spirituale. Essi, infatti, ritenevano che entrare qui fosse una vera e propria esperienza religiosa che richiedeva una giusta preparazione di spirito.

Sono di una bellezza incredibile soprattutto nelle ore centrali della giornata dove i raggi solari entrando evidenziano le sfumature della roccia, ad ogni curva del percorso ti si rivelano delle insenature di questa roccia friabilissima e che da vedere sembra seta.



Grand Canyon, un classico, molto bello soprattutto al tramonto.



Sulla strada di ritorno non potevamo non fare un pezzo della mitica Route 66 che partendo da Chicago ed arrivando a Santa Monica, carica di storia attraversa quasi tutti gli Usa.

Ed è stato emozionante sentire suonare degli arzilli ottantenni che suonavano insieme da più di mezzo secolo.



Visto che il figlio più giovane ha giocato a baseball fin da bambino e noi l'abbiamo seguito in tante partite, non potevamo non concludere con una visita nella bella San Francisco ed assaporare il momento della famiglia americana che si guarda la partita allo stadio.




Abbiamo percorso tanti kilometri su questi rettilinei di asfalto che sembrano tracciati con un pennello su paesaggi infiniti e rocciosi, sgranocchiando patatine e carne essiccata con le bibite gelate della nostra ice-chest, ascoltando le musiche country o blues o rock delle stazioni radio locali, chiaccherando o più spesso ridendo per le stupidate dette da uno e dall'altro, ed egoisticamente avrei voluto che il tempo si fermasse lì, che questo viaggio non finisse mai.

Ma la vita non può, purtroppo ma anche per fortuna, fermarsi, va avanti sia che tu lo voglia o meno.

Ed ecco perchè bisogna cogliere l'attimo e non lasciarsi scappare certe occasioni, con momenti di unione e felicità che ti rimarranno dentro per sempre, come un bottino rubato alla vita e che servirà a coccolarti e ristorarti nei momenti un pò più tristi e dove avrai bisogno di spenderlo per tirarti sù.




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lorellasavazzi

Aggiornamento: 24 nov 2023



Ragazzo e ragazza marocchini a Tifnit.


Questo paese per me rappresenta la scoperta e la prima volta di alcune cose di cui mi sono innamorata e che se posso cerco nei viaggi che faccio e nella vita quotidiana.

La storia con il Marocco inizia 48 anni fa, quando in un viaggio in camper con la mia famiglia in Spagna (la prima volta per me all'estero e tutta una meraviglia) arrivati allo stretto di Gibilterra, mio padre decide di attraversarlo per passare un paio di giorni a Tangeri in Marocco. Oggi sembra semplice, si prende un aereo a poco prezzo ed in poco più di tre ore sei lì, ma allora per una dodicenne di provincia, il Marocco era molto esotico e lontano e non solo per kilometri, ma soprattutto per costumi di vita totalmente diversi. Allora le facce che conoscevo erano solo quelle dei compaesani lombardi ed immaginate cosa significasse invece arrivare con la nave in una terra e sbarcando vedere le persone vestite come forse in qualche film avevo visto, o i cammelli i cui disegni erano sull'enciclopedia Conoscere. Pensate per una che al massimo era andata in città come Mantova o Parma, entrare invece in una Kasbah e camminare per le vie intricate del suk piene di negozi con l'enorme quantità di merce colorata appesa ed esposta, piena di persone che avevano pelle, fisionomie e vestiti diversi, e vi confesso che ero tra lo stupito e lo spaurito, e ogni tanto guardavo mio padre che mi teneva per mano e che mi aveva detto poco prima di non mollarla mai, ma che mi sembrava molto tranquillo e seguiva incuriosito la guida che aveva ingaggiato per portarci in giro.

Bene, noi non eravamo certo esploratori, ma quel mondo era del tutto nuovo, c'era la curiosità e tutti i sensi a mille, ma anche i sensori dell'autodifesa attivati dall'imprevedibilità dello sconosciuto, e per una ragazzina quale ero io, la sensazione che ho avuto in quel momento presumo fosse molto simile agli esploratori o viaggiatori dell'antichità e mi è rimasta dentro come una esperienza molto importante, sfociando in un amore particolare per questi paesi.


Suk di Tarfout.


La seconda volta che sono andata in Marocco è stato a gennaio 2019 e ci siamo trovati io e mio marito, con mio figlio più giovane che arrivava dalla Danimarca dove allora viveva, per fare insieme una vacanza on the road.

Bene il primo giorno a Marrakech, al tramonto siamo in piazza e decidiamo di andare a bere un tè sulla terrazza di un bar per ammirare dall'alto questo spettacolo. Sotto ci sono tantissime bancarelle che vendono di tutto, da oggetti vari a succhi di frutta spremuti al momento, alla carne alla griglia, e la musica che viene dalle loro postazioni si incastra con quella degli incantatori di serpenti che suonano i flauti, o con i richiami di alcuni che suonano i tamburi, oppure altri che urlano e ti chiedono se vuoi fare una foto con le loro scimmie. Ebbene questa bolgia di colori, musiche e suoni, se dal basso dà la sensazione di una gran confusione, vista invece dall'alto dà l'idea di una caleidoscopica mescolanza ed è uno spettacolo unico, soprattutto con il tramonto e la torre sullo sfondo. Inoltre il fatto che fossimo li, ad ammirare questo quadro di tripudio di umanità diverse, noi stessi come famiglia provenendo un pò dall'Italia ed un pò dalla Danimarca, mi ha dato proprio la sensazione che i confini potrebbero benissimo essere abbattuti, perchè se li è posti solo l'uomo con i suoi egoismi, e sono anche limiti mentali che ci fanno male, perchè la terra è un'unica e grande casa per l'uomo.

Comunque con questi sentimenti in corpo, sento per la prima volta in vita mia partire la preghiera che viene divulgata attraverso i megafoni all'esterno della vicina moschea, e questa preghiera si intreccia con le preghiere che provengono da altre moschee più lontane, e noi seduti a sorseggiare un tè alla menta su quella terrazza ad ammirare questa piazza che viene accarezzata dolcemente da questi canti religiosi mentre il cielo va infuocandosi, insomma vi confesso che solo al ricordo ho ancora la pelle d'oca.

L'emozione è stata talmente bella ed intensa, che ogni volta che sono in viaggio nei paesi mussulmani, amo sentire al tramonto queste preghiere cantate arrivare dalle moschee e mi fermo ad ascoltarle, ad ammirare e a gustarmi il paesaggio che ho attorno perchè molto spesso è in perfetta armonia con questo canto.


Piazza Jamaa el Fna a Marrakech


Sempre in questo viaggio c'è stato l'incontro con la sabbia del deserto e le sue dune.

Del mio amore per i deserti ne ho già parlato in un altro post

https://www.ilmondoeilmioresort.com/post/perche-i-deserti ma è in Marocco dove ho preso il mio primo tè nel deserto, dove cavalcando un cammello ho visto le sinuose dune all'alba prendere piano piano i colori tenui del pastello o accendersi quasi infuocandosi nel tramonto. E nel terzo viaggio di quest'anno, per la prima volta ho cantato e ballato tra le dune di sabbia, mescolata insieme a tanti ragazzi con il copricapo tuareg e ragazze in vestiti tradizionali, saltando a ritmo della musica berbera insieme a loro per due giorni nel festival a Taragalte alle porte del deserto Sahara. Ora, mi è successa la stessa cosa anni fa in Brasile partecipando al carnevale di strada a Salvador, la musica popolare è di solito espressione profonda di un luogo e quindi quando ti capita di cantare e ballare in mezzo alla gente del posto, sentire la loro stessa gioia che dà la musica, seguire questi ritmi che piano piano diventano piacevolmente sempre più famigliari, non so ma cambia totalmente il tuo rapporto con quel paese, diventa più intimo e si crea un legame speciale, per me è stato così con il Brasile ed ora lo è anche con il Marocco.


E parlando di amori a prima vista, sempre in Marocco si è invece rinnovato un amore lungo 40 anni, a Legzira, su una delle spiagge più romantiche e poetiche che mi sia capitato di vedere, con il testimone di nozze di quel lontano matrimonio presente lì ancora oggi, con una conchiglia trovata in spiaggia come anello, con tanta strada percorsa insieme a mio marito e si può dire anche nel vero senso letterale della parola. Ho voluto iniziare questo post con la foto di due giovani ragazzi marocchini sulla spiaggia di Cap Tifnit ed immaginare che sicuramente c'è un'amicizia e chissà forse un futuro amore in erba, e concludere con due datati "ragazzi" italiani sulla spiaggia di Legzira, che hanno passato tanti anni insieme. L'amore è questo filo che lega tutto e per me non ha confini perchè è uguale in tutta la terra, ma nemmeno ha un'età perchè è un modo di vedere la vita ed il mondo.

La mia storia con il Marocco continua, perchè sicuramente in questa terra ci saranno ancora altri viaggi e probabilmente altri amori a prima vista.




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lorellasavazzi

Aggiornamento: 6 nov 2023




Samarcanda……solo evocare questo nome, per come è fatta la parola, per le sonorità che sprigiona, ti sposta la mente in posti esotici e ti sembra di entrare in una favola della principessa Shahrazad ne "Le mille ed una notte", o perlomeno non so per voi, ma questo è l’effetto che ha sempre fatto su di me.

E quindi l’Uzbekistan non poteva non entrare nella mia lista dei paesi da visitare, tanto più quando anni fa ho visto alcune fotografie su riviste come National Geografic dei suoi meravigliosi monumenti appunto da favola.

Ad inizio febbraio, mentre stavo aspettando l’aereo per andare a Parigi, pensavo al mio sessantesimo compleanno che si stava avvicinando, un’età tonda ed anche un po' di svolta perché nella mia mente porta ad un altro periodo della vita, e cresceva il desiderio di festeggiarlo in un posto significativo e bello. Così, avendo la fortuna di una data che non è anonima del 21 marzo, equinozio di primavera, mi metto a cercare se ci fossero dei festeggiamenti da qualche parte del mondo, e cosa scopro? Che nei paesi che facevano parte anticamente dell’impero persiano, si festeggia il capodanno persiano, la festa più importante ed antica in paesi come l’Iran, l’Iraq ed anche festa nazionale nell’Uzbekistan, quindi quale combinazione migliore ci poteva essere per visitare questo paese!

Mi documento un po', organizzo il viaggio ed il 17 marzo sbarchiamo all’alba all’aeroporto di Urgench con l’aria frizzantina in una splendida giornata di sole ed all’uscita per la prima volta nella mia vita, una cosa che mi diverte sempre molto quando la vedo all’arrivo negli aeroporti, ci aspetta una persona con il cartello Savazzi Lorella, e penso: Oh! finalmente anch’io ho il mio cartello! Era ovviamente l’autista che ha mandato a prenderci il B&B che si trova nel centro storico di Khiva. Ora c’è da sapere che il tris delle città assolutamente da visitare in questo paese, la capitale Tashkent è moderna e volendo la si può anche tralasciare, sono Khiva, Bukara e Samarcanda, ed io ho deciso di iniziare il viaggio dalla più piccola e si è rivelata una buona scelta. Quando siamo entrati nella struttura e salendo anche sul terrazzo dove c’era una bellissima vista panoramica sulla cittadina, ho respirato profondamente ed ho pensato: ecco qui inizia la mia favola!

Bella, bella, bella, girando per le vie del centro, mi sembrava di essere, con le dovute differenze architettoniche, in una bellissima cittadina italiana come può essere una Siena e così avevo un sentimento misto di apprezzamento per il nostro bel paese con l’immenso patrimonio storico che abbiamo, ma con la consapevolezza che la storia e le meraviglie storiche ci sono altrettanto anche da altre parti del mondo e vanno visitate.

Girare tra questi monumenti dai colori della terracotta e rivestiti con un lavoro certosino da maioliche in tutte le sfumature dell’azzurro fino al blu intenso è un piacere per gli occhi. Entrare nelle Madrasse, queste antiche università islamiche dove, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, si studiavano tutte le scienze e dove dal balcone periodicamente i maestri riferivano pubblicamente i progressi degli studenti, è un piacere per lo spirito.

Ebbene di queste scuole sia Khiva che Bukara sono piene, a dimostrazione di quanto fosse alto il livello culturale delle popolazioni che vivevano qui, arricchite anche dagli scambi culturali che venivano dal fatto di essere un crocevia tra oriente ed occidente.

L’eleganza di questi monumenti è incredibile; la bellezza è superba, ti sovrasta ed è tale da farti sentire come uomo veramente piccolo di fronte a lei. Mi è capitato di stare più di un’ora seduta nella piazza di Bukara (ma non solo lì) perché si respirava una tale armonia architettonica che non riuscivo a distaccarmene, e quando sono andata in altre strade, sono dovuta ritornare e restare lì ancora il tempo necessario a soddisfare questa arsura di bellezza che mi si scatenava.

Mi hanno anche spiegato poi che la disposizione dei monumenti, mettendoli uno di fronte all’altro che c’è in piazza a Bukara o a Samarcanda, è una tecnica architettonica per fare in modo che i monumenti dialoghino tra di loro e creare un’armonia particolare del luogo, e posso testimoniare che pur non sapendo questo, in effetti funziona perchè il mio corpo l’ha recepita. Si narra anche che Gengiskan, che notoriamente quando conquistava una città la radeva al suolo, arrivando a Bukara e vedendone la sua bellezza, ne sia rimasto affascinato e l’abbia risparmiata.

E per chi ama l'artigianato, vestiti, stoffe e tappeti dai mille disegni e colori, il vasellame, le spezie, oppure i copricapi tradizionali di pelo di Khiva che erano una volta portati scuri per gli abitanti della città o bianchi per gli stranieri, con una cura estetica nell'esposizione molto accattivante, qui insomma uno ha di che sbizzarrirsi e l'unico problema è lo spazio in valigia perchè porteresti a casa tutto.

Ma direte e la festa? La festa chiamata Navruz e si festeggia per l’appunto il 21 marzo (ma inizia anche qualche giorno prima) ed è il così detto capodanno persiano, che se vogliamo vedere in effetti ha più senso del nostro piazzato nel periodo più buio e freddo dell’anno, perché questo invece essendo nell’equinozio di primavera, significa l’inizio di una nuova vita, del risveglio ed il rifiorire della natura, e quindi di buon proposito per un nuovo anno.

E’ la festività più antica che si conosca sulla terra, ed ha un significato di condivisione molto profonda, i preparativi per Navruz iniziano in anticipo: khashar (pulizia collettiva di strade, cortili e locali), abbellimento, piantagione di fiori e alberi, e Khudoyi darvishona (eventi di beneficenza). Per Navruz si perdonano gli sgarbi ai nemici e si condivide tutto con gli amici, si fa l’elemosina o qualche offerta ai più bisognosi, ci si compra un vestito nuovo, dalla campagna si va e ci si ritrova nelle città, si fanno dei piatti particolari e tra i piatti delle feste il più sacro e preferito è il sumalak. Per cucinarlo correttamente bisogna osservare una serie di rituali e la preparazione del sumalak è sempre un'occasione gioiosa, alla quale partecipa tutto il vicinato. Durante la cottura si cantano canzoni nazionali, si balla e si raccontano leggende locali. Le giovani ragazze possono mescolare nel grande calderone di sumalak per esprimere un desiderio, di solito per la nascita di un bambino, mentre viene bollito. Quando il sumalak viene cucinato, tutti nel cortile lo ricevono come gesto di misericordia e di amicizia. Questo cibo ha una preparazione molto lunga, inizia qualche giorno prima mettendo in ammollo del grano con dell’acqua , e poi strizzandolo il giorno della festa, si cuoce questo liquido facendolo bollire dal mattino in grossi pentoloni insieme a farina e zucchero.

Viene posizionato sopra un fuoco in un cortile dove si aggregano i vicini di casa (è una festa di condivisione), viene mescolato dalle donne e solo da loro, mentre gli uomini preparano la musica o suonano essi stessi dal vivo, per poi verso sera mangiare questa polentina dal sapore quasi di castagna sul pane e ballare insieme i balli tradizionali. Passeggiando per strada; soprattutto a Kiva, ogni tanto si vede qualche raggruppamento come questo, e non essendoci tantissimi turisti stranieri in questo periodo, noi curiosando ci invitano ad entrare nei cortili, e tutti quando dico che il mio compleanno è proprio il 21 marzo mi dicono che sono una Navruza, che rappresento la nascita in tutto e per tutto, e pertanto ho la fortuna anch’io di mescolare insieme alle donne la pentola e non mi tiro indietro anche quando mi fanno ballare insieme a loro i balli tradizionali, tra l’altro anche molto belli e coreografici. Questo popolo è stata una vera e propria rivelazione per cordialità ed ospitalità, dai ragazzi delle scuole che ti fermano per strada per fare pratica in inglese, dagli anziani ai bambini che chiedevano di fare una foto con mio marito e tenerla come ricordo, ti propongono i loro lavori di artigianato ma senza essere invadenti, insomma ti fanno sentire bene come a casa e per certi versi anche meglio di casa. Oltre alle città abbiamo anche fatto una giornata in auto con il nostro autista, nel Karakalpastan, una zona in gran parte desertica e molto rurale, povera ma con quella povertà rurale di grande dignità, ricordandomi le nostre campagne di una volta. Ci fermiamo un attimo lungo la strada per fotografare una tipica casa agricola e vediamo la padrona con una bambina piccola intenta a preparare il pane nei tipici forni a legna della zona, un pane bellissimo a forma rotonda e abbellito da dei ricami che fanno grazie a degli stampi appositi, con un profumo veramente squisito e lei ce lo mostra orgogliosa offrendocene uno. Facciamo una fotografia insieme e noi non abbiamo niente da dare in cambio se non un pacchetto di caramelle per la bambina che corre felice dalla mamma mentre ce ne andiamo. Ora, io non so se noi siamo ancora così disponibili verso le persone sconosciute che arrivano davanti al cancello di casa nostra, non so se con la nostra chiusura che si è accentuata soprattutto negli ultimi tempi stiamo meglio. Io so che più ci chiudiamo, più perdiamo delle occasioni di sorrisi, di abbracci, di scambi di emozioni ed ogni cosa che si perde non può far altro che renderci più poveri e pertanto ringrazio questo popolo per tutte le emozioni belle e di fratellanza che mi ha dato in questo viaggio, augurandogli di preservare questo spirito..


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